In questo periodo abbiamo avuto modo di conoscere il dottor Ciro Franco e di proporli un’intervista.

Come sapete, come associazione, il nostro desiderio è quello di raccogliere testimonianze ed identificare sempre più medici specializzati in grado di riconoscere, identificare con rapidità la diagnosi, per dare modo ai pazienti di iniziare precocemente le terapie di cui disponiamo.

In questo periodo abbiamo avuto modo di conoscere il dottor Ciro Franco e di proporli un’intervista.

Ringraziandolo per la sua disponibilità, vi lasciamo alla lettura dell’articolo.

 

1) Buongiorno dottor Franco, lei è ginecologo, esperto in colposcopia, isteroscopia e patologie vulvari con un’ampia conoscenza della nostra patologia, e stiamo parlando appunto del lichen sclerosus.

Buongiorno, si mi occupo di patologia vulvare da circa 20 anni, dal percorso della specializzazione, quando vedevo le vulve e non capivo quale fosse il problema, eppure il problema era grosso, fisico, clinico, terapeutico e psicologico.

 

2)Ricorda ancora la prima o le prime pazienti con lichen sclerosus ad aver diagnosticato?
E soprattutto ricorda quanto tempo fa?

Sì. Ricordo una delle prime pazienti. Una donna di 35 anni che “mutilata” dalla malattia che mostrava tutta la grinta di una donna forte e desiderosa di cercare una soluzione e che allo stesso tempo scherzava sulle modalità con cui le fu diagnosticato il lichen scleroatrofico vulvare. La diagnosi fu fatta ad una delle ultime visite ostetriche poco prima del parto, in un ospedale romano. Ancora oggi rido insieme a lei per quel racconto. Ovviamente in romanesco!

 

3)Ha una casistica di quante pazienti da allora ha evidenziato con la nostra patologia? Riscontra recentemente un aumento? E a cosa lo attribuisce?

Da allora non riesco a fare una stima sul numero di pazienti viste perché ovviamente si sono aggiunte quelle di un’attività pubblica ambulatoriale a quelle dell’attività privata e spesso viste come consulente dei colleghi che me le inviano come quesito specifico “il controllo vulvoscopico”.
Di fatto sì, posso confermare che il numero è aumentato. Probabilmente è aumentata la sensibilità dei colleghi verso il problema vulvare (tanto ce n’è voluto…), per cui se ne individuano di più.

In passato mi è capitato di vedere vulve che ritenute normali, erano invece totalmente alterate dal lichen e in pazienti sintomatiche.

 

4) Come associazione Lisclea notiamo sempre più che l’età media si stia abbassando. Dall’allora “malattia della menopausa o post menopausa” ad oggi, sempre più ragazze o donne giovani ( tra 20 e 40 anni ) si presentano con diagnosi già accertate o in fase di accertamento. Cosa ne pensa?

Probabilmente è anche questa maggiore sensibilità e attenzione ai disturbi più comuni vulvari e/o genitali in genere il motivo per cui vediamo donne di età più giovane, direi 30-40 anni, rispetto ai decenni passati.

Oppure è aumentata la frequenza di pazienti con autoimmunità che sviluppano prima anche i sintomi da lichen. Lo dico perché vedo tanti lichen in fase iniziale.

 

5) La diagnosi purtroppo è ancora molto tardiva, e molte pazienti girano per mesi , anni, tra vari specialisti  prima della certezza diagnostica …dal suo punto di vista cosa nota e cosa le dicono le pazienti ?

Solitamente viene calcolato un ritardo diagnostico di 3-4 anni per il lichen scleroatrofico ed è solitamente dovuto a due fattori principali.

Primo la difficoltà delle donne, soprattutto nell’età più avanzate, di parlare del problema. Un retaggio culturale che spesso porta quelle pazienti alla chiusura e alla negazione del sintomo, quasi a dire che è normale sintomo della menopausa o di qualche infezione passeggera.

Secondo motivo è la mancata informazione e formazione del ginecologo che possa interessarsi anche dell’aspetto psicologico e sessuale (inteso anche come rapporto con i propri genitali e con il partner) delle pazienti. Quindi riuscire con rispetto e delicatezza ad affrontare l’argomento sessualità.
Se si riesce, ecco che si aprirà uno scrigno di riservatezza in cui la paziente ha deposto tipicamente anche i sintomi delle patologie vulvari. Diventa più facile la diagnosi, e soprattutto aumenta la fiducia che la paziente pone nel professionista nel cercare insieme una soluzione valida, condivisa ed efficace.

Viceversa, sarà trattato il sintomo comune a tante patologie, il prurito, con le più svariate terapie per telefono che in un primo momento sembrerà funzionare ma che a distanza porterà solo al peggioramento della malattia e alla sfiducia in se stessi, come donna (ruolo sociale) e come amante (ruolo intimo).

 

6) Di fronte ad un sospetto Lichen scleroatrofico ci illustra come procede e che esami svolge? Ad esempio molte donne affette da una forte atrofia o di problemi di assottigliamento in zona forchetta  non riescono nemmeno più ad affrontare un pap test ; Come  opera in questi casi e cosa si può proporre ad una paziente, la quale ad esempio è stata ligia negli esami annuali per anni, come pap test ed ecografie transvaginali,  ma che capendo di aver paura dell’esame continuerà ad andare dal dermatologo o nei centri di riferimenti, ma potrebbe abbandonare l’idea della visita ginecologa tuttavia fondamentale ?

Di fronte al sospetto clinico di lichen ci si deve porre con molta calma, perché bisogna adattare alla paziente l’approccio clinico e linguistico. In realtà l’esperienza porta a cogliere subito i segni caratteristici del lichen e molto spesso l’anamnesi raccolta con calma e più completa possibile fa fare la gran parte della diagnosi.

Quindi il controllo vulvologico, il controllo clinico, anche solo con una lente di ingrandimento.
Io sono solito usare il colposcopio, permette di studiare, leggere i segni sulla cute e sulle mucose.

I dubbi vengono affidati ovviamente alla istologia che diventa fondamentale quando la sintomatologia è resistente alla farmacologia.

Fondamentale è il counselling: è il 50% della terapia che la paziente imparerà a gestire in autonomia.

Sono convinto che se si fa un buon counselling la paziente avrà benefici prima e più duraturi.

Allo stesso tempo, tanta pazienza nell’uso di strumenti diagnostici, vedi l’uso dello speculum, sonde transvaginali e così via.

Bisogna comunque garantire gli screening alle donne. Questo significa usare gli strumenti giusti e la delicatezza giusta per ogni paziente. Al massimo dei lubrificanti nelle situazioni più complicate. Ma tutto si può fare se con l’approccio giusto.

La fiducia è sempre reciproca, mai deve essere a senso unico. Anche la paziente si deve poter fidare del professionista!

 

7) Cosa pensa delle ultime terapie proposte come supporto alla malattia?

Tanti passi sono stati fatti nella diagnostica e nella terapia. Attualmente l’utilizzo di prp, radiofrequenza, mesoterapia, lipofilling e laserterapia permettono di offrire anche e soprattutto un aiuto dal punto di vista estetico e funzionale.

 

8)Secondo lei, la malattia rappresenta ancora oggi un enorme ostacolo psicologico oltre che fisico?

Certamente, non dobbiamo mai sottovalutare l’aspetto psicologico per cui una paziente da curare non è soltanto una prescrizione terapeutica andata a buon fine. È invece una donna che si deve poter sentire accolta e capita, oltre a trovare il rimedio più efficace. Perché il controllo non finisce alla scomparsa dei sintomi.

Sicuramente la soddisfazione più grande è trovare una terapia appropriata che faccia ritrovare una normalità e il sorriso alla paziente.

 

Dottor Ciro Franco

Medico Chirurgo dal 1999

Iscritto all’Albo dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri della provincia di Taranto n° 2616 Specialista in Ginecologia ed Ostetricia dal 2006 Dirigente Medico presso l’Ospedale San Pietro FBF, Roma dal 2012 Formazione e consulente per la patologia vulvare, colposcopia ed isteroscopia dal 2006.

Per eventuali visite specialistiche, contattare il dottor Franco a questo numero:

+39 349 556 5247