Buongiorno, sono Alice (nome di fantasia) da Venezia, quasi 38 anni e mamma di tre bellissime bambine.

Con l’inizio dell’ultima gravidanza un anno fa, la ginecologa mi fa notare che ho un colore biancastro ed era la prima volta che me lo diceva. Premetto che faccio il controllo ginecologico 1 volta all’anno perché nel 2006 è stato diagnosticato un tumore alla vulva a mia mamma, mancata poi nel 2007, quindi ho sempre cercato di rimanere controllata.

A giugno 2020 iniziano anche dei fastidi come bruciore nella zona del perineo, come ci fossero dei tagli e lo faccio notare ma a vista non si vedeva niente di strano se non il colore bianco.

Continuano i mesi, il fastidio e il prurito diventa più forte tanto che mi gratto in maniera insistente, lo faccio ovviamente notare, ma nuovamente la dott.ssa minimizza la questione anche perché sono sempre stata “delicata” ai detergenti ecc. e probabilmente il “bianco” è dovuto al fatto che mi gratto.

Mi scrive che ho la vitiligine e anche un altro medico del reparto di ginecologia della mia città che mi visita per delle perdite, mi fa notare che sono bianca ma non mi dice niente.

Nel frattempo, a marzo di quest’anno partorisco la mia terza meraviglia.

Ad aprile faccio il controllo post parto, penso che i fastidi dovrebbero smettere perché anche nelle due precedenti gravidanze avevo lievi fastidi (anche se diversi da questo periodo). Lo ridico e sottolineo la cosa alla Dott.ssa che, sollecitata da me, mi dice che se continuano i fastidi a luglio al nuovo controllo facciamo delle analisi approfondite.

A maggio, faccio una normale mappatura dei nei e mi si accende la lampadina: chiedo alla Dermatologa di guardarmi e confermami o meno questa vitiligine per capire l’origine di questi fastidi facendo presente la storia di mia mamma.

Subito mi dice che è Lichen Sclerosus, malattia cronica autoimmune che me la tengo a vita e che potrebbe peggiorare.

In 2 minuti senza tante altre spiegazioni e senza risposte esaustive alle mille domande, confusa esco preoccupatissima con una terapia a base di cortisone e crema idratante (di cui l’inci risulta davvero poco rassicurante).

Allarmata, avviso la ginecologa che continua a dirmi che secondo lei non è così.

Recuperiamo la cartella clinica di mia mamma e scopriamo che nel 1996 le era stato diagnosticato il lichen ma poi dal 96 al 2006 non sappiamo cosa sia successo.

Leggo che è una malattia genetica.

Scatta il panico pensando anche alle mie bambine.

Riesco a farmi prescrivere una biopsia.

Il medico dell’ospedale a cui ci rivolgiamo che la esegue sostiene che non é lichen, insiste che secondo lui è vitiligine ed è indeciso su dove prelevare il campione. Scoprirò alla visita in un altro ospedale che in merito al Lichen, la biopsia non è servita a niente, il tessuto é stato forse prelevato dove il Lichen non si è diffuso.

Contatto il centro delle malattie rare, reparto dermatologia, che e con grande fortuna in due settimane faccio la visita.

Clinicamente viene confermato il Lichen ma la visita mi lascia davvero molto perplessa, nel “come” me l’hanno confermato (con perplessità), nella cura (sono io che ho chiesto della vitamina E ma se non facevo domande?) e nelle non risposte alle domande poste. Senza giudizio, né colpe, personalmente per la non conoscenza alla malattia che ho, mi hanno lasciato con mille domande aperte.

Parallelamente al percorso medico sto cercando anche rimedi alternativi che possano aiutare senza sostituirsi ma integrandosi tra loro, cercando di aiutarmi con l’alimentazione più adeguata.

Il sito Lisclea é stato provvidenziale perché quanto meno sto facendo dei passi e non sono ferma, l’iscrizione al gruppo privato facebook in poche ore si è rivelato fonte di confronto e aiuto concreto nell’orientarsi tra numeri di centri specializzati e dottori.

Ho trovato conforto nel comprendere che ci sono medici con più esperienza e preparati la scorsa settimana che ho trovato e assistito al vostro webinar di aprile.

Quindi il prossimo passo é cercare un centro, che possa darmi un parere più esperto perché vista l’esperienza di mia mamma anche se sono anni e storie diverse, la cosa va approfondita con persone che mi diano fiducia.

Sapere di essere insieme, di non essere soli solleva l’umore e dona speranza.